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Donne e tumore dell'ovaio
Minnie Luongo, N. 5 maggio 2011
Con l’enorme l’informazione medica oggi disponibile, le donne dovrebbero sapere tutto sui tumori che le riguardano. Eppure non è così: la realtà è davvero molto diversa. Lo rivela un’indagine di ONDA (Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna), da poco presentata a Milano, svolta su un campione di donne di età compresa fra i 40 e i 65 anni e distribuite su tutto il territorio nazionale. Il dato più sorprendente? Ben l’87 percento delle donne non ha mai parlato con il proprio medico del tumore dell’ovaio. Ma non solo: il 33 percento ritiene che il carcinoma ovarico e quello dell’utero siano la medesima malattia; il 70 percento non ne riconosce i sintomi, e solo l’11 percento sa che l’ecografia transvaginale è fondamentale per ottenere una diagnosi precoce.
Necessità di informazione a 360 gradi
I risultati dell’indagine di ONDA, in collaborazione con CSD (“Cegedim Strategic Data”) hanno dato il via - grazie anche al sostegno di Roche - a una necessaria campagna di sensibilizzazione il più ampia possibile sul carcinoma dell’ovaio. Eppure parliamo del sesto tumore più diffuso fra le donne, con 5.000 nuovi casi ogni anno, oltre che uno dei tumori femminili più pericolosi, poiché circa il 70 percento dei casi viene diagnosticato quando ormai si trova in fase avanzata. Poca conoscenza è stata riscontrata anche sulle prospettive della ricerca scientifica, che invece sta registrando risultati incoraggianti grazie a nuovi studi sui farmaci anti-angiogenetici. Forse è per questo che le donne chiedono maggiore informazione: il 69 percento ritiene che se ne parli in maniera insufficiente, desiderando focalizzare l’attenzione sugli aspetti di prevenzione. Meglio, dicono sempre le donne intervistate, se le informazioni arrivano dal ginecologo (35 percento), piuttosto che dalla TV (34 percento) o dal medico di famiglia (28 percento). Uno spiccato interesse è rivolto pure anche a conoscere i Centri di eccellenza per la cura del carcinoma ovarico (58percento).
Sul fronte terapeutico, poi, sono poche le donne che sanno come, oltre alla chirurgia e alla chemioterapia, la ricerca si stia concentrando su terapie biologiche per migliorare la qualità di vita delle pazienti. «Solo nel 25 percento dei casi – spiega Nicoletta Colombo, direttore del Centro di Alta Specialità del Carcinoma Ovarico presso l’Istituto Europeo di Oncologia – il cancro viene diagnosticato in una fase precoce, quando con un intervento chirurgico corretto le possibilità di guarigione sono intorno al 80-90 percento. La chirurgia eseguita in modo adeguato è determinante nel carcinoma ovarico, dove l’obiettivo da raggiungere è non lasciare alcuna massa residua visibile (o almeno lesioni minime), in quanto si tratta di un tumore molto sensibile alla chemioterapia, che può sconfiggere la malattia. Quando ciò non è possibile, esiste la possibilità di ottenere una migliore qualità di vita grazie a cure innovative e a nuove tecniche di somministrazione dei farmaci per via intraperitoneale. Oggi si stanno testando vaccini e nuovi farmaci che in fase preliminare hanno dato risultati promettenti: tra questi vi sono i cosiddetti inibitori dell’angiogenesi che sembrano in grado di raddoppiare la percentuale di risposta e di prolungare la sopravvivenza senza progressione della malattia. Un importante passo avanti a favore della qualità di vita della donna».
Ci anticipa la dottoressa Colombo: «Entro pochi mesi al massimo disporremo anche dei risultati definitivi del “Progetto Mimosa”, che ha coinvolto 900 donne, basato sulla sperimentazione di un vaccino terapeutico, che contiene anticorpi contro il tumore, da somministrare nel periodo libero dalla malattia, così da evitare recidive».
E, sempre a proposito di ricerca, sulla prestigiosa rivista “Lancet Oncology”, è stata pubblicata la notizia di un’importante scoperta scientifica: probabilmente in un futuro molto vicino sarà sufficiente analizzare alcune particelle della molecola Rna (miR- 200c) per essere in grado di capire se il tumore dell’ovaio potrà o no dare origine a metastasi. La scoperta si deve ad un gruppo di ricercatori dell’Istituto Mario Negri di Milano, dopo aver condotto uno studio su 150 donne colpite da questo tipo di tumore.
La difficoltà della diagnosi
Il problema più grosso, quando si parla di tumore dell’ovaio, si riassume in una parola: asintomaticità. Conferma Francesca Merzagora, presidente di ONDA: «Anche per questo motivo occorre prestare la massima attenzione a tale neoplasia, al fine di diagnosticarla in maniera precoce. Da oggi l’impegno del nostro Osservatorio (www.ondaosservatorio.it) intende diventare ancora maggiore. Al momento, infatti, non esistono programmi di screening scientificamente affidabili: pertanto, la migliore via di prevenzione resta la visita ginecologica annuale poiché già la palpazione e l’ecografia transvaginale possono evidenziare una lesione in fase iniziale. Nel nostro network “Bollini Rosa” si trovano gli ospedali che offrono servizi mirati per il carcinoma ovarico e Centri in cui sono in corso sperimentazioni con vaccini utili a stimolare il sistema immunitario a produrre anticorpi contro questo tumore». E Milano risulta la città italiana con il maggior numero di ospedali premiati con i Bollini Rosa, ovvero Centri oncologici attenti a questo tipo di tumore di cui l’Istituto Europeo di Oncologia resta un punto di riferimento nella ricerca e nella prevenzione.
«È dunque necessario - conclude Merzagora - che le donne restino sempre in “ascolto attivo” del proprio corpo. Se quei piccoli disturbi come pesantezza, tensione, aerofagia e una vaga dolenzia addomino-pelvica si protraggono nel tempo, è necessario recarsi dal ginecologo. All’Osservatorio siamo consapevoli di quanto sia difficile affrontare l’esperienza di un tumore e per questo vogliamo sensibilizzare la popolazione femminile affinché riesca a difendere e proteggere la propria femminilità facendo sì che la malattia, per quanto grave e importante, non ferisca la parte più intima del suo essere».
Il ruolo del ginecologo
Il ruolo del ginecologo è fondamentale per far conoscere alle donne questa malattia e spiegare quali sono i sintomi, seppure aspecifici, che il tumore ovarico può comportare. La diagnosi precoce è purtroppo ancora molto difficile perché non ci sono, nello stadio iniziale della patologia, sintomi che la consentano. «Un altro elemento da considerare è che il carcinoma ovarico è ancora una patologia scarsamente conosciuta dai medici di famiglia - rivela la dottoressa Colombo-: di contro, sarebbe importante una maggiore conoscenza, in modo da poter collegare i sintomi anche alla possibilità della neoplasia e indirizzare tempestivamente la paziente dal ginecologo. Infatti, è consigliabile effettuare subito una visita ginecologica, un’ecografia e il dosaggio del marcatore tumorale CA 125, per stabilire se ci troviamo in presenza di un carcinoma ovarico e successivamente in quale stadio. Quindi, al momento l’obiettivo che il ginecologo deve porsi è quello, se non di una diagnosi precoce, sicuramente di una diagnosi il più possibile tempestiva, che possa migliorare la prognosi della patologia». La collaborazione tra ginecologo e oncologo è fondamentale sia nella fase di diagnosi della patologia, sia nella fase di definizione e gestione del percorso terapeutico della paziente.
Per quanto riguarda il trattamento di questo tumore, negli ultimi anni c’è stata grande attenzione nel cercare di identificare i farmaci che possano ritardare la recidiva del carcinoma ovarico e quindi prolungare per la paziente l’intervallo libero da malattia. Gli studi recentemente presentati a livello internazionale sulle terapie anti-angiogenetiche hanno dimostrato che queste molecole riescono a prolungare il tempo in cui la paziente vive senza che la malattia progredisca (“sopravvivenza libera da progressione”). Ciò significa che la modalità d’azione dei farmaci anti-angiogenetici aiuta a controllare la proliferazione tumorale e le metastasi con un impatto limitato sugli effetti collaterali della chemioterapia.
Il carcinoma ovarico
- La grande maggioranza dei tumori maligni ovarici è causata dalla crescita incontrollata di cellule nel rivestimento esterno dell’ovaio ed è nota come carcinoma epiteliale ovarico. I casi rimanenti sono generalmente identificati come tumori delle cellule germinali, che si sviluppano dall’ovulo, formando cellule all’interno dell’ovaio. Se rilevato ad uno stadio iniziale, il carcinoma ovarico è normalmente asportabile; tuttavia, spesso non esistono sintomi iniziali e il tumore può già essersi diffuso anche in altre parti del corpo (metastatizzato) prima che sia diagnosticato nella paziente.
- In tutto il mondo il carcinoma dell’ovaio rappresenta il sesto tumore più diffuso fra le donne e ogni anno si contano circa 230.000 donne colpite da questa patologia. Circa 140.000 donne muoiono ogni anno di questa malattia in tutto il mondo. Il carcinoma ovarico è quindi l’ottava causa principale di morte per tumore fra le donne.
- In Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 4.800 nuovi casi di cui il 70 percento circa in fase avanzata, ossia già diffuso alle strutture circostanti (pelvi e/o organi addominali).
Fattori di rischio e sintomi
- Età: la maggior parte dei casi di carcinoma ovarico viene diagnosticata nelle donne in fase di post-menopausa, con una massima incidenza tra i 50 e i 65 anni di età.
- Storia personale di tumore della mammella: le donne che hanno avuto un tumore della mammella hanno una probabilità doppia di sviluppare carcinoma ovarico.
- Familiarità: le persone con una storia familiare di carcinoma della mammella od ovarico hanno maggiore rischio di sviluppare la malattia.
- La tarda menopausa e l’uso della terapia ormonale sostitutiva durante la menopausa sono associati a un rischio moderatamente maggiore di sviluppo del carcinoma ovarico .
- Lo stile di vita, fra cui una dieta inadeguata, il sovrappeso e il fumo.
I sintomi del tumore ovarico sono difficili da individuare, in particolare allo stadio iniziale, e spesso vengono scambiati per altri disturbi di minore entità. Ciò può portare ad una diagnosi ritardata: purtroppo, succede che nella maggior parte delle donne viene diagnosticato solo in stadio avanzato. I sintomi possono includere:
- Dolori/gonfiore addominale e/o senso di gonfiore;
- mestruazioni irregolari;
- perdita di appetito o nausea (sintomi più avanzati).
Prevenzione, diagnosi e trattamento
Ad oggi non esistono ancora programmi di screening efficaci per la prevenzione del carcinoma ovarico. È per questo che circa il 70 percento di essi vengono diagnosticati in stadio avanzato. Al momento una visita annuale dal ginecologo e l'ecografia transvaginale di controllo restano gli unici elementi che possono facilitare la diagnosi precoce. Sono in corso alcuni studi clinici per valutare l’utilità di un’analisi del sangue volta a controllare i livelli del CA 125 o l’uso dell'ecografia ai fini diagnostici.
Le opzioni terapeutiche variano in base allo stadio della malattia, alle sue dimensioni, alla posizione, se si è diffuso in altre parti del corpo e alle condizioni fisiche della paziente. In generale, le opzioni terapeutiche si limitano alla chirurgia e alla chemioterapia.
Chirurgia e chemioterapia
- Chirurgia: quasi tutte le donne colpite da carcinoma ovarico si sottopongono a intervento chirurgico nella fase iniziale del trattamento, nel tentativo di asportare la maggior parte delle cellule tumorali (tale procedura è talvolta nota come “chirurgia di debulking”). Tuttavia, l’estensione dell’intervento chirurgico dipende dalla misura in cui il cancro si è metastatizzato.
- Chemioterapia: la chemioterapia post-operatoria può essere effettuata per ridurre la possibilità di recidiva del tumore e nel caso in cui questo si sia diffuso in altre parti del corpo; contribuisce anche a ridurre i sintomi, a migliorare la qualità della vita e a prolungare il più possibile la sopravvivenza. Quasi tutte le donne si sottopongono ad intervento chirurgico nell’ambito del trattamento iniziale. La chemioterapia post-operatoria è ancora definita come trattamento di prima linea (o “front-line”). I farmaci chemioterapici possono essere somministrati per via endovenosa (direttamente nel sangue), orale e, nel caso del carcinoma ovarico, per via intraperitoneale (IP), con la somministrazione mediante una cannula direttamente nell’addome. Il concetto alla base della somministrazione IP è che una maggiore quantità del farmaco può raggiungere il tumore rispetto a quella per via endovenosa. La chemioterapia può essere somministrata come agente unico, ma oggi si effettua sempre più in combinazione con altri farmaci chemioterapici, con l’obiettivo di aumentarne l’efficacia.
Terapie biologiche: nuovi studi promettenti
Purtroppo, nella grande maggioranza dei casi con pazienti affette da tumore ovarico in stadio avanzato, si verifica una recidiva o una ricaduta della malattia dopo il trattamento iniziale, nella maggior parte dei casi già entro quindici mesi dalla diagnosi iniziale. A questo punto, almeno al momento attuale, la scelta consiste nel trattamento con ulteriori somministrazioni di chemioterapia. La scelta del farmaco dipende da più fattori: quali, per esempio, lo stadio e il grado di aggressività del tumore, e il tempo trascorso prima della ricaduta. Tuttavia, dopo oltre dieci anni di scarse novità e pochi passi avanti, sono allo studio diversi farmaci biologici per la terapia del cancro dell'ovaio in fase avanzata, tra cui i farmaci antiangiogenetici che stanno ottenendo promettenti risultati. E ciò rappresenta più che una speranza, bensì una realtà presto e facilmente a portata di mano.
O.N.D.A.
L'Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna si occupa di studiare le principali patologie che colpiscono la popolazione femminile e, di conseguenza, di proporre strategie di prevenzione primarie e secondarie, promuovendo una cultura della “salute di genere”, ovvero quella femminile: dalle malattie cardiovascolari all’oncologia, dalle patologie psichiche a quelle neurodegenerative, dalle tematiche riproduttive alle malattie a trasmissione sessuale, alla menopausa e alle problematiche legate all’invecchiamento. Inoltre O.N.D.A.- presieduta nel Consiglio Direttivo da Francesca Merzagora- sostiene ricerche di base e cliniche sulle principali patologie, ne valuta l'impatto sociale ed economico, informando le istituzioni, i medici e il pubblico. Infine, promuove l'insegnamento in ambito scolastico e incoraggia le donne a svolgere un ruolo attivo nei confronti della propria salute, in tutti gli ambiti.
Indirizzi utili
ISTITUTO EUROPEO DI ONCOLOGIA - IEO
Via Ripamonti, 435 - 20141 Milano
Centralino: 02 574891
Prenotazioni/informazioni: 02 5748900.1-2-3
www.ieo.it
Ginecologia - Prof.ssa Nicoletta Colombo
tel. 02 57489543
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