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Cancro e ricerca
Cristaina Mazzantini, N. 11 novembre 2014
Ci sono delle novità nel campo della ricerca oncologica. Di che si tratta? Parliamo del più ampio studio di genomica di sempre ed è stato realizzato nell’ambito dell’iniziativa Cancer Genome Atlas (TCGA), condotta e supportata dal National Cancer Institute e dal National Human Genome Research Institute, entrambi facenti parte dei National Institutes of Health americani. Il suo scopo è quello di arrivare a definire una nuova classificazione dei tumori, esclusivamente basata sul loro profilo genetico. Fino ad oggi i tumori sono stati classificati sulla base del tessuto di provenienza (es. cancro del polmone, del rene o della mammella), ma secondo questa nuova ricerca molte forme neoplastiche andrebbero riclassificate sulla base dell’assetto molecolare, più che di quello istologico. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell del 7 agosto scorso è stato portato avanti da un network di scienziati che ha analizzato il DNA, l’RNA e le proteine di 12 diversi tipi di tumori, provenienti da migliaia di pazienti, avvalendosi di sei diverse “piattaforme” (metodi di analisi molecolare) genomiche. In questo modo è stato possibile disegnare una nuova classificazione dei tumori, comprendente 12 sottocategorie: solo in 5 casi la classificazione genetica è risultata consistente con quella basata sul tessuto di origine; in tutti gli altri casi uno stesso sottotipo della nuova classificazione genetica è risultato presente in diversi tessuti. «Questo studio genomico non solo mette in crisi il vecchio sistema di classificazione dei tumori, basato sul tessuto di origine», specificato il professor Christopher Benz, docente di medicina al Buck Institute for Research on Aging, professore associato di medicina presso l’Università della California di San Francisco (UCSF) e membro dell’Helen Diller Family Comprehensive Cancer Center della UCSF, «ma fornisce una messe di nuovi dati e di filoni tutti da esplorare, accanto ad una lista completa dei caratteri molecolari, che definiscono ognuna delle nuove classi tumorali descritte».
I risultati più clamorosi si sono avuti con il tumore della mammella e della vescica. Lo studio ha individuato almeno tre diversi sottotipi di tumore della vescica, uno dei quali praticamente indistinguibile dall’adenocarcinoma polmonare e un altro molto simile ai tumori squamosi di testa-collo e polmone. «Analizzando i tassi di sopravvivenza» commenta il professsor Josh Stuart, docente d’ingegneria biomolecolare presso l’Università della California di Santa Cruz, «risulta che i tumori della vescica, “imparentati” con queste altre forme tumorali hanno effettivamente una prognosi diversa, peggiore; questo dimostra che il nostro lavoro non è un puro esercizio accademico».
«Questo spiega», aggiungeil professor Benz, «come mai i pazienti con tumore della vescica rispondano spesso in maniera del tutto differente, quando sottoposti ad uno stesso trattamento chemioterapico prescritto in base alle caratteristiche istologiche del tumore».
Lo studio ha confermato anche le note differenze tra i sottotipi di tumore della mammella noti come “basal-like” (o tripli negativi) e “luminale”, rivelando come queste differenze siano in realtà molto più radicali di quanto finora ritenuto; i cosiddetti tumori della mammella “basal-like”, da un punto di vista molecolare, sono altrettanto distanti da una forma “luminale”, quanto un tumore di un organo completamente diverso, come il rene o il polmone ad esempio. I carcinomi della mammella tripli negativi sono una forma particolarmente aggressiva, più comune nelle pazienti giovani e questo studio li definisce ulteriormente come tumori a se stanti e decisamente unici tra tutte le forme di cancro della mammella. «Sebbene si presentino nella mammella», puntualizza Christina Yau, professore associato di chirurgia alla UCSF – a livello molecolare sono più imparentati con il tumore dell’ovaio e con i tumori a cellule squamose (come quelli testa-collo e polmone), che con altre forme di carcinoma della mammella».
Diversi tipi tumorali possono inoltre avere in comune un pattern analogo di attivazione immunitaria, fattore che può assumere grande rilevanza, ora che sono a disposizione diverse molecole di immunoterapici. Secondo gli autori dello studio, tutto questo rappresenta appena la punta dell’iceberg; «è possibile che il 3050% dei tumori», interviene ancora il professor Benz, « dovrà essere riclassificato sulla base dei caratteri genomic».
I risultati di questo studio potrebbero inoltre portare ad una nuova generazione di trial clinici nei quali i pazienti verrebbero arruolati solo sulla base della classificazione molecolare dei tumori; questo potrebbe portare a nuove opzioni di trattamento, prescritte sulla base dei sottotipi molecolari. «Avere a disposizione una mappa molecolare come questa» sostiene il professor Stuart, «aiuterà ad assegnare i pazienti al trial clinico più appropriato».
«Sebbene questa nuova classificazione debba ancora essere validata da studi di follow-up», conclude il professor Benz, «riteniamo che alla fine fornirà le fondamenta biologiche per una nuova era di terapia oncologica personalizzata, tanto attesa sia dai medici che dai pazienti».
Una prima ricaduta di questo studio è che i ricercatori del “Lineberger Comprehensive Cancer Center” dell’Università della North Carolina hanno già sperimentando l’efficacia della terapia con carboplatino, chemioterapico comunemente impiegato nel tumore dell’ovaio, in aggiunta alla terapia standard per i tumori della mammella tripli negativi, l’ 80% dei quali hanno i caratteri del sottotipo “basal-like”).
Il polistirene potrebbe essere un cancerogeno?
Piatti e bicchieri in polistirene sono sospettati essere cancerogeni. È quanto sostiene il Consiglio Nazionale delle Ricerche Usa. Piatti e bicchieri in polistirene (o polistirolo) sono molto utilizzati in particolare per i piatti d’asporto e da molti locali come bar, ristoranti e fast-food. Tali contenitori usati per mantenete la temperatura degli alimenti contengono però lo stirene, il composto chimico sospettato di essere cancerogeno. Gli esperti sottolineano tuttavia che sebbene si possa ragionevolmente prevedere che questo composto sia cancerogeno per l’essere umano, sono necessari ulteriori approfondimenti. «Penso che sia importante tenere a mente che questa è una valutazione del pericolo», sottolinea la dottoressa Jane Henney, che ha presieduto il comitato di esperti del Consiglio di ricerca. «Il nostro rapporto dice che questa sostanza chimica potrebbe essere un problema, ma una completa valutazione del rischio in base alla dose, all’esposizione, alla quantificazione e l’ulteriore caratterizzazione del rischio, dovrebbe essere fatta prima di pensare a una regolamentazione in questo settore».
Nuovi studi sull’Aspirina
È possibile ridurre l’incidenza e la mortalità per una serie di tumori con una banale dose di aspirina ogni giorno: un nuovo studio rivela come dosi basse di acido acetilsalicilico – tra i 75 ed 325 mg quotidiani – possono diminuire la formazione di tumori dell’apparato digerente sino al 35% ed il relativo tasso di decessi sino al 50%. Pubblicata sulla rivista specializzata Annals of Oncology, l’indagine condotta in Gran Bretagna ha osservato, che 10 anni di uso continuato di aspirina riducono l’incidenza dei tumori del colon del 35%, e dell’esofago e stomaco del 30%. La mortalità è risultata diminuita rispetto alla media, tra i consumatori di aspirina, del 40% per il cancro del colon, del 50% per quello dell’esofago e del 35% per il tumore dello stomaco. Il rapporto precisa che è stata osservata qualche riduzione anche nella comparsa di tumori del seno, della prostata, dei polmoni, ma il legame con l’aspirina è risultato più debole. Secondo gli scienziati del Centro per la prevenzione del cancro alla ‘Queen Mary University’ di Londra che hanno condotto la ricerca, “l’uso profilattico di aspirina per un minimo di 5 anni a dosi tra i 75 ed i 325 mg quotidiani appare produrre un risultato positivo in termini di prevenzione dei tumori. Un uso prolungato con tutta probabilità avrà ancora più benefici”. Anche i rischi di infarto in concomitanza all’uso del medicinale sono risultati ridotti del 18%. Secondo il rapporto, per vedere un qualche risultato benefico dall’aspirina ci vogliono comunque almeno tre anni di uso. Gli autori hanno osservato un lieve aumento dei rischi di emorragie legato all’aspirina, passati da una incidenza media del 2.2% a 3.6%. Jack Cuzick, autore principale dello studio, ha detto: «Assumere aspirina ogni giorno appare essere uno degli strumenti più efficaci per prevenire i tumori dopo lo smettere di fumare ed il ridurre l’obesità». E ha confessato: “Io stesso la prendo “. Il rapporto rileva che ci vorranno indagini ulteriori per stabilire l’esatto dosaggio e la durata dei trattamenti a base di acido acetilsalicilico.
Un esame ematico può scoprire i tumori?
Un semplice esame del sangue poterebbe rivoluzionare le cure contro i tumori. Il nuovo test del sangue, messo a punto da alcuni ricercatori britannici della University of Bradford’s School of Life Sciences di Bradford, nello Yorkshire nel Regno Unito, infatti sarebbe in grado di rilevare la presenza di tumori e di condizioni precancerose nelle persone. Se i test confermeranno la validità del metodo si potrebbero evitare le procedure invasive e a volte dolorose come le biopsie e colonscopie con un risparmio anche economico. Il nuovo test infatti prevede un semplice prelievo del sangue seguito da un calcolo dei danni a carico dei globuli bianchi, le cellule del sangue preposte alla difesa dell’organismo. I primi esperimenti sembrano aver dato dei risultati che fanno ben sperare, in pratica si è rivelato un alto grado di precisione nel diagnosticare alcuni tipi di cancro, come quello ai polmoni, al colon e alla pelle. Continuano le ricerche sul cancro. I ricercatori britannici hanno sottoposto campioni di globuli bianchi provenienti 208 persone a radiazioni ultraviolette, note per danneggiare il Dna cellulare e, quindi, in grado di indurre risposte da parte dei globuli bianchi. Hanno quindi quantificato i danni provocati a questi ultimi, individuando che i globuli bianchi dei soggetti affetti da tumori risultavano, in seguito alla sottoposizione alle radiazioni ultraviolette, molto più danneggiati dei globuli bianchi appartenenti ai soggetti sani. Gli esperimenti hanno anche rivelato che i globuli bianchi delle persone che soffrivano di condizioni pre-tumorali avevano livelli di danni considerabili intermedi e quindi erano più danneggiati rispetti a quelli sani, ma non quanto quelli di persone già affette da tumori. «Questi sono i primi risultati maturati per tre diversi tipi di cancro e sappiamo che molte altre ricerche dovranno essere svolte, ma i risultati finora ottenuti sono notevoli», ha dichiarato la professoressa Diana Anderson, docente di Scienze biomediche che guida il gruppo di ricercatori.
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