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Quando il tumore è over 65

Monica Melotti, N. 8/9 agosto/settembre 2010

Nei paesi industrializzati la fascia di popolazione di età superiore ai 65 anni è in forte crescita e i dati epidemiologici indicano che nel 2030 il 40% della popolazione sarà di età superiore ai 65 anni. Circa il 60 percento di tutti i tumori vengono diagnosticati in pazienti al di sopra dei 65 anni. Ogni anno, in Italia, vengono diagnosticati 270mila nuovi casi di tumore. Il rischio di sviluppare un tumore aumenta di mille volte pasando dai 40 agli 80 anni e in particolare uomini e donne hanno un rischio di sviluppare un tumore 11 volte più elevato rispetto alla popolazione al di sotto di tale età. E se fino a pochissimi anni fa i malati “seniores” non vivevano abbastanza per trarre giovamento da una terapia antitumorale, molti studi recenti dimostrano invece l’esatto contrario: che le cure funzionano, allungano la vita e ne migliorano la qualità. A patto, però, che siano opportunamente calibrate e che nel programma terapeutico vengano tenuti nella giusta considerazione anche tutti gli elementi che caratterizzano la salute (e la malattia) della terza età. Gli anziani oggi rappresentano il 24,5 percento della popolazione italiana, 14 milioni di persone.

Mancano gli studi ad hoc
L’aumento dell’età media della popolazione ha determinato un aumento di incidenza dei tumori in pazienti anziani e in particolare tumori polmonari, della mammella, del capo e collo, del pancreas, leucemie e linfomi non Hodgin. «Tuttavia, in contraddizione con il fatto che il rischio di cancro aumenta con l’età, vi è stato uno scarso interesse clinico al problema come dimostra la frequente esclusione dei pazienti anziani dagli studi clinici», precisa la professoressa Daniela Mari, Direttore Unità Operativa di Medicina Generale ad indirizzo Geriatrico Laboratorio di Ricerche sull’Invecchiamento, Istituto Auxologico Italianodi Milano e chairmand del recente congresso “La patologia neoplastica dell’anziano”. «Infatti, considerato l’attuale contesto demografico, il numero di anziani arruolati in protocolli clinici di ricerca, fonte necessaria per l’evidence based medicine, non è ancora rappresentativo della reale popolazione di anziani. Inoltre, per molti tumori, più precoce è la diagnosi, maggiore è la sopravvivenza a distanza, per questo è importante ricercare la malattia quando ancora essa non ha dato i segni clinici della sua presenza»

L’approccio migliore
Il problema di terapie che tengano in conto le variabili dovute all’età, del resto, è evidente se solo si considera che l’incidenza del cancro è strettamente connessa con l’età: il rischio di sviluppare una neoplasia dopo i 65 anni, insomma, è circa quaranta volte più alto rispetto a quello di quando si ha un’età compresa tra i 20 e i 44 anni, e circa quattro volte quello medio della fascia che va dai 45 ai 64. Il cancro si potrebbe in sostanza definire una malattia tipica della vecchiaia. Ma la diagnosi e il trattamento di un tumore in un over 65 pongono immediatamente sul piatto una serie di questioni assenti in un individuo più giovane. Perché l’anziano, spesso, è già affetto da altre patologie, non di rado croniche, assume vari farmaci che possono costituire un ostacolo per le cure anticancro. E, fatto determinante nella vita quotidiana, talvolta vive solo o non è pienamente autosufficiente. «L’approccio migliore è quello multidisciplinare, che coinvolge oncologo e geriatria, affinché le cure abbiano lo scopo di aumentare la sopravvivenza e l’aspettativa di vita, migliorare i sintomi, ma anche preservare il significato della vita e non aggravare le eventuali disabilità già presenti» continua l’oncologa. «Vi sono poi problemi che non devono essere trascurati: il sovra e il sottotrattamento dei tumori negli anziani, la presenza, a volte prevalente, di altre condizioni morbose croniche, l’indispensabile sviluppo che dovranno avere le diverse forme di riabilitazione nell’anziano affetto da tumore (motoria, psicologica, nutrizionale, sociale…), l’equità di accesso alle cure e alla prevenzione (evidenze di svantaggio per genere e per classe sociale).

Pochi i centri specializzati
Per il trattamento delle neoplasie negli anziani non esistono in Italia, allo stato attuale, abbastanza centri specializzati e mancano protocolli di trattamento definiti. Non vi è una rete oncologico-geriatrica a livello regionale o nazionale, ma vi sono delle realtà positive, come per esempio l'Oncologia diretta dal prof. Paolo Foa all'Ospedale San Paolo che ha attivato una valutazione multidimensionale geriatrica e ha pubblicato recentemente un lavoro: che evidenzia l’importanza di questo approccio in oncologia. Il paese che ha più sviluppato una rete geriatrico-oncologica in questo senso in Europa è la Francia. Anche negli Stati Uniti mancano i geriatri.
In Italia l’oncologia geriatrica italiana cresce, lentamente ma in modo costante e capillare. Secondo alcuni dati, rispetto a qualche anno fa, i gruppi che oggi si occupano specificamente della gestione del malato oncologico anziano sono più numerosi e meglio distribuiti sul territorio nazionale, sia pure con qualche differenza nord-sud.

Terapie su misura
Perché le cure siano adeguate, infatti, servono farmaci efficaci. Ma da tempo ormai gli esperti denunciano che, per i malati di tumore con i capelli bianchi, i conti non tornano. «Gli anziani sono ancora fuori dalla ricerca perché troppi pregiudizi frenano il loro coinvolgimento nelle sperimentazioni sui medicinali», conferma uno dei massimi esperti mondiali in materia, Ludovico Balducci.  «Infatti, se circa il 60 percento dei tumori si manifesta in persone di almeno 65 anni, la loro partecipazione ai trial clinici per studiare terapie migliori non supera il 25 percento. Assodato che i soggetti anziani sono i principali utilizzatori dei nuovi farmaci i preparati vengono però sperimentati su pazienti più giovani, di 40 e 50 anni, con il rischio di veder aumentare gli effetti collaterali quando impiegati nei 70 e 80enni».
Il risultato? I medici non sanno con certezza quanto le cure siano valide e tollerabili anche per un organismo senile e, soprattutto, quale sia il rapporto benefici-effetti collaterali. Senza considerare che ancora troppo spesso ci si dimentica del fatto che le persone anziane, solitamente, soffrono di piccoli o grandi disturbi (cardiolocircolatori, respiratori, diabete, ad esempio) per cui già assumono un discreto numero di medicinali. Così, le prescrizioni si sommano e gli effetti collaterali lievitano con conseguenze anche gravi per i malati.

Guarigione & Qualità di vita
L’età avanzata non è di per sé una condanna né un fattore che da solo possa influenzare negativamente le possibilità di sopravvivenza. Le prove, ancora una volta, arrivano dalla statistica: nonostante i numerosi casi di tumore diagnosticati in Italia dal 1970 a oggi, il numero di morti per questa causa si è ridotto. Da quasi 100mila nel 1970, dopo un’impennata fra gli anni Ottanta e il 2005 (quando ne sono stati registrati 130mila), la quantità di decessi ha avuto un nuovo calo in questi ultimi anni, arrivando a poco più di 100mila. Se la maggior parte dei casi oncologici riguarda gli anziani, dunque, bisogna dedurne che anche gli anziani guariscono. «Io credo che, poiché il problema dell’invecchiamento della popolazione è balzato all’attenzione dei media e degli operatori sanitari, è prevedibile che ci sarà un maggior coinvolgimento degli anziani nei protocolli dei nuovi farmaci», puntualizza Balducci.
Resta comunque un fatto indiscutibile: il paziente geriatrico, a seguito dei fenomeni tipici dell’invecchiamento, presenta una diminuzione delle riserve dell’organismo e le condizioni fisiche generali si deteriorano. Il che comporta una significativa e diversa resistenza allo «stress» determinato dai trattamenti anticancro alla quale verrà sottoposto. E poi, purtroppo, i malati anziani sono spesso soli, hanno difficoltà a muoversi e a conciliare le necessità della vita di tutti i giorni (fare la spesa, lavarsi, tenere in ordine la casa, cucinare, ecc.) con gli spostamenti per le visite e gli effetti collaterali delle cure e dell’intervento. Fornire loro un’adeguata assistenza è quindi indispensabile. A tutto ciò va ancora sommato l’impatto psicologico della malattia.

Il benessere spirituale nel paziente oncologico
La spiritualità e la religione aiutano a superare ansia e depressione. È il risultato di un studio realizzato in Italia dall’Associazione di volontariato AISCUP-Onlus, condotto con il patrocinio dell’IDI-IRCCS di Roma dell’Ospedale Sant’Andrea di Roma. Il 54% dei pazienti oncologici ritiene molto importante l’aspetto spirituale nella sua vita e l’80% attribuisce a questa un ruolo fondamentale per affrontare la malattia. La spiritualità individuale si è dimostrata uno dei principali fattori che consentono di affrontare e gestire con fiducia e dignità la malattia e la sofferenza. Nello studio stati arruolati 220 pazienti del reparto di oncologia dell’IDI, Istituto Dermopatico dell’Immacolata di Roma in trattamento chemioterapico. Per 75 pazienti la diagnosi è di cancro alla mammella, per 55 colon, per 25 polmone, per 25 melanoma, mentre il resto è affetto da altre neoplasie. Ecco alcuni risultati: il 92% dei pazienti si è definito credente, il 30% dei pazienti crede maggiormente di più dopo la diagnosi di malattia mentre il 12%, al momento della diagnosi, crede meno rispetto a prima della malattia. Per gli oltre 250.000 nuovi casi di tumore  diagnosticati in Italia, ogni anno, la spiritualità e la religione possono aiutare a trovare risposte agli interrogativi sul significato della vita, della malattia e della morte. Possono fornire un costrutto personale che sostenga la persona che incontra, suo malgrado, eventi della vita spiacevoli ed inevitabili, senza cadere in depressione.
Per dare una risposta concreta ai bisogni dei pazienti è stato istituito presso l’ospedale IDI-IRCCS di Roma un gruppo di ascolto e di auto-aiuto, condotto da psicologi  tel  06.66.461

Ora il rosario diventa elettronico
Dall’Italia sta emergendo una nuova tendenza all’innovazione nel modo di vivere la fede. Lo rivela il successo del Rosario Elettronico, che ha registrato nel nostro Paese una vendita di 13.000 esemplari al mese, con una media di oltre 400 rosari al giorno. Molti italiani stanno affiancando alla preghiera classica un mezzo più moderno per vivere il raccoglimento, rivelando la necessità  non solo di condividere con gli altri fedeli la propria Fede in occasione delle grandi feste patronali, ma anche di ritagliare ogni giorno dei piccoli momenti per sé, in casa propria o anche in un letto di ospedale. La preghiera dona effetti benefici all’organismo. Dopo pochi minuti di raccoglimento il nostro corpo comincia a regolarizzare diverse funzioni: il ritmo cardiaco, la pressione arteriosa, il flusso respiratorio, inducendo uno stato di rilassamento fisico e psicologico. Gli esperti di neuroscienze, già  da diverso tempo, hanno studiato e individuato i notevoli benefici della preghiera sul cervello, anche come supporto delle cure mediche tradizionali. Sono numerosi i riferimenti nella letteratura scientifica. Il rosario elettronico  guida il fedele nella preghiera del rosario, aiutandolo a trovare quella concentrazione e quello stato di pace interiore. Il rosario elettronico, grazie a una voce che accompagna il fedele nella preghiera, aiuta il credente non solo
a recitare correttamente il rosario ma soprattutto a trovare il giusto ritmo di respirazione riuscendo, già  dalla prima sessione, a rilassare l’organismo e a ritrovare tranquillità psicologica. La presenza di contenuti musicali religiosi, poi, contribuisce ulteriormente a intensificare e ad accelerare tale processo.

Info: Il rosario elettronico “ ioPrego” di Eurodigital è acquistabile solo chiamando al call center 800-90.36.38 o ai siti www.prexcommunion.com e www.ioprego.com (prezzo 49 euro).

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